La morte di Higgs. La “particella di Dio” è un invito a cercare nel cosmo. E oltre

Il nome fu felice dal punto di vista della comunicazione, ma non rese felice il fisico che lo teorizzò, scomparso martedì 9 aprile. Scriviamo della particella di Dio, il bosone di Peter Higgs: si tratta di un elemento fondamentale perché la sua azione permette ad altre particelle di trasformare l’energia in massa, come rappresentato dall’equazione di Einstein. Higgs lo teorizzò a metà degli anni ‘60 e nel 2012 il Cern di Ginevra ne confermò l’effettiva esistenza. Il nome pop ha origine dal libro di un altro fisico, Leon Lederman, del 1993. Il titolo inizialmente proposto era Goddamn Particle, “la particella maledetta”, per sottolineare le sfide incontrate nella sua identificazione.

L’editore optò invece per La particella di Dio: se l’universo è la domanda, qual è la risposta?, che ebbe così tanto successo da consacrarne il nome. Higgs in realtà espresse la sua disapprovazione temendo che potesse offendere la sensibilità dei credenti, ulteriore dimostrazione di una statura morale fuori dal comune. Ma la dicitura pop credo che possa essere un dono e non un modo di pronunciare invano il Nome di Dio. Senza l'essenziale particella teorizzata dal Nobel scozzese nell’estate del 1964, ogni particella elementare nell'universo sarebbe priva di massa. La massa è cruciale poiché genera la forza di gravità.

Senza la gravità, che Newton ha descritto, non esisterebbe attrazione tra atomi, molecole, stelle, pianeti, galassie sino al più piccolo degli organismi viventi. Noi. Non esisterebbe il mondo come lo conosciamo. Esisterebbe energia. Null’altro. Il bosone di Higgs, confermato dal Cern, permette alla massa di esistere e alla realtà, di conseguenza, di essere reale. Il bosone non è dio, ovviamente. Ma risponde molto bene a quel nome di Dio che Mosè ricevette di fronte allo spettacolo del roveto ardente.

«Io sono Colui che sono», disse Dio. Io ci sono, sono reale e sono qui per te. Esistendo permetto a ciò che esiste di esistere. Io, però, sono Io, e non tutto di ciò che sono può esserti comprensibile. Gesù rivelerà il nome di Dio che è Emmanuele, il Dio con noi, che è con noi perché noi abbiamo la vita, in abbondanza e salvata, perché il nome Gesù significa “Dio salva”. Vi è dunque felice dialogo tra ciò che la scienza dimostra e quanto la fede mostra, sapendo che la scienza non dimostrerà Dio e che la Rivelazione non consiste in una tassonomia della realtà. Tuttavia quando la scienza, soprattutto quella dei numeri e della fisica, incontra la Rivelazione essa non solo esibisce il reale, come le è proprio, ma è sempre un invito a trascenderlo.

Descrivendo invita a una nuova domanda, e come il numero astrae la realtà pur rimanendovi fedele, così a un livello superiore la scienza invoca la sapienza, chiedendo all’umano di passare dal “come” al “perché”, sino a giungere per Grazia al Chi.

Vorrei lasciarci con un’ulteriore suggestione. Il gioco stupefacente tra fisica teorica e fisica applicata che ipotizza e poi dimostra, per ritornare di lì a ipotizzare, può anche essere di ispirazione per il percorso credente. Che ipotizza Dio ne constata frammenti e indizi di veracità nell’esperienza personale e comunitaria, e ancora continua nella sua ricerca, sino all’incontro faccia a faccia. Newton amava dire che la fisica era in grado di spiegare appena una goccia del reale, in un oceano ancora tutto da esplorare. Così è ancora per noi dell’amore di Dio e della sua sapienza, vissuti nel grembo della Chiesa.


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Lo spazio che ci è dato: la speranza al tempo dell’algoritmo.




In un tempo di metamorfosi dovute principalmente al digitale che cosa ci è dato sperare? Quale mondo possiamo desiderare? Dall’Intelligenza artificiale al nostro vissuto quotidiano, dalle guerre vicine a quelle lontane, quali narrazioni e visioni possono permetterci di costruire un mondo più umano? Oggi e soprattutto domani lo spazio sarà la nuova frontiera della convivenza o dello scontro, del fiorire o dell’appassire. Nel mondo delle macchine cerchiamo insieme un codice adulto per custodire l’umano di oggi e di domani.

Meravigliarsi ai tempi dell’Intelligenza Artificiale

Dalla base spaziale di Vandenberg, in California, lo scorso 12 giugno un razzo Falcon 9 di SpaceX ha portato in orbita la prima missione spaziale della storia della Chiesa. Il cubesat, un satellite miniaturizzato dalle dimensioni di una scatola da scarpe, è stato costruito dagli studenti del Politecnico di Torino e operato dall'Agenzia Spaziale Italiana con la missione di portare nello spazio il nanobook, realizzato dal CNR, con le parole pronunciate da Papa Francesco il 27 marzo 2020 durante la Statio Orbis, e le riflessioni che ne sono scaturite. Quel momento indimenticabile, nel quale sul sagrato della Basilica di San Pietro il Papa ha fermato il tempo e lo spazio, sospesi nell’angoscia della pandemia, è diventato un libro. Il volume è stato conservato al Deposito globale delle sementi, alle Isole Svalbard, come seme di speranza per tutta l’umanità, e poi ha cambiato nuovamente formato fino a diventare un nanolibro, inviato nello spazio in orbita eliosincrona per attraversare il cielo di tutto il mondo con il sorgere del sole.

«La tecnologia dev’essere un motore di speranza per tutta l’umanità» spiega don Luca Peyron, direttore della Pastorale universitaria di Torino, coordinatore del Servizio per l'Apostolato Digitale e docente di Teologia all’Università Cattolica, durante l’incontro “Meravigliarsi ai tempi dell’Intelligenza Artificiale: emozioni e tecnologia” nella prima edizione di Soul - Festival di Spiritualità promosso dall’ateneo e dall’Arcidiocesi di Milano. Per dare forma alle sue parole, Peyron sceglie il progetto “Spei Satelles”. «Questo satellite è stato costruito da ventenni, insieme ai loro professori e a professionisti esperti. La chiave del futuro, per continuare a meravigliarsi, è l’intergenerazionalità» prosegue il coordinatore del Servizio per l'Apostolato Digitale. «Se noi analogici siamo in grado di trasmettere la passione per la vita a chi è nato digitale, il mondo digitale sarà un mondo capace di continuare a custodire la vita. Siamo tutti nella stessa barca, nello stesso Pianeta, sulla stessa astronave».
«La meraviglia è un’emozione epistemica perché genera conoscenza, attiva in noi la voglia di espandere i nostri confini» racconta Giuseppe Riva, docente di Psicologia generale e di Psicologia della comunicazione e direttore di HTLab, il laboratorio dell’Università Cattolica che investiga il rapporto tra esperienza umana e tecnologia. «La meraviglia ha due facce molto diverse, in italiano sono rese dalla stessa parola ma gli americani utilizzano il termine wonder, la meraviglia positiva che fa scaturire voglia di emulazione, e awe, quella meraviglia che genera stupore ma anche paura. Ecco, l’Intelligenza Artificiale genera awe, perché non la capiamo».
Nella Sala Buzzati della Fondazione Corriere della Sera, durante il dialogo moderato da Massimo Sideri, editorialista del quotidiano milanese, Riva spiega che «ChatGPT non ha meraviglia, perché la meraviglia nasce dalla sorpresa mentre ChatGPT usa la probabilità, ciò che ci dice è prevedibile». Le risposte che ci fornisce non sono casuali, ma «frutto della previsione che fa la tecnologia», e sarà «tanto più precisa quanto più l’accesso alla base dati sarà vasto». Al contrario, la meraviglia ha un ruolo centrale nella nostra esistenza perché «ci permette di uscire dal quotidiano», prosegue Riva. «Ciascuno di noi tende a rimanere nella propria zona di comfort perché ci dà sicurezza. Andiamo a prendere il caffè in un certo bar perché sappiamo che lì il caffè ci piacerà. Facciamo cose che riusciamo a prevedere. Il problema è che a furia di non rischiare, e di non voler andare oltre la comfort zone, non cresciamo. Andare oltre la zona di comfort ha un costo, ed è la meraviglia che ci dà la forza di sostenere questo costo. Nella storia dell’uomo, è sempre stato uno degli elementi che ha permesso alla cultura di evolvere, e alle persone di affrontare sfide che all’inizio sembravano impossibili».  
«Il mio nipotino ha undici anni, e come tutti i bambini gioca con i videogiochi» racconta Peyron. «Purtroppo, tifa la Juventus, e sceglieva sempre Cristiano Ronaldo (sorride, ndr). Sogno un videogioco in cui a un certo punto Ronaldo si fermi, si giri e gli dica: “Nico, adesso basta, vai a giocare in cortile, ci vediamo tra cinque ore”. L’immaginazione nasce dalle nostre ferite e dalle carezze che ci vengono date, dal desiderio di essere significativi per qualcuno. Se non ci educhiamo all’idea che essere significativi è molto diverso dall’essere performanti, riduciamo l’essere umano a macchina, a numero, a statistica». Eccolo, il segreto per continuare a meravigliarsi ai tempi dell’Intelligenza Artificiale. È nell’alleanza tra umano e macchina.
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Ad aprile due videoconferenze promosse dal Polo Cittattiva

Si svolgeranno in videoconferenza gli appuntamenti in programma nel mese di aprile promossi da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese_I.C. di San Damiano d’Asti, Museo Arti e Mestieri di un Tempo e Comune di Cisterna con Fra Production Spa, Israt, Associazione “Franco Casetta”, Libreria Il Pellicano” e Aimc di Asti.

Gli incontri sono gratuiti e aperti a tutte le persone interessate. Gli insegnanti di ruolo riceveranno il codice da inserire sulla Piattaforma Ministeriale Sofia.



Link modulo di iscrizione: https://forms.gle/XyR2b6X4kN2pQtdo6

Giovedì 4 aprile alle 18 in videoconferenza (Meet) “Intelligenza artificiale e/o artificio dell’intelligenza? La sfida dell’IA tra rischi e opportunità”. Don Luca Peyron ne parlerà con Alberto Banaudi.

Luca Peyron è sacerdote della Diocesi di Torino dal 2007. Cerca i segni dei tempi che aiutino a ricucire lo strappo tra fede e scienza, tecnica ed esperienza di Cristo. Ha fondato e coordina il Servizio per l’apostolato digitale che è uno dei primi servizi a livello globale della Chiesa cattolica con il compito di riflettere, progettare e agire rispetto alla cultura digitale in una prospettiva di fede. Insegna teologia in diversi atenei italiani.

Alberto Banaudi è laureato in Lettere Classiche presso l’Università di Torino e quella in Filosofia presso l’Università di Genova. È professore di storia e filosofia al liceo scientifico “F. Vercelli” di Asti e di letterature classiche all’Utea. Oltre ad insegnare, si dedica alla ricerca filosofica.

In occasione del 79° anniversario della Festa della Liberazione, venerdì 19 aprile alle 18 in videoconferenza (Meet) Antonella Tarpino presenterà “Memoranda. Gli antifascisti raccontati dal loro quotidiano” (Einaudi). L’autrice ne parlerà con Mario Renosio, storico (Israt).

“Esiste una pietas reciproca e tenace che lega gli umani ai loro manufatti. Architetture, oggetti, scritti spesso sopravvivono per secoli ai loro autori o ai loro proprietari, caricandosi di una memoria emotiva pronta a essere restituita in modo immediato e tangibile a chi ne venga in contatto. Ciò vale anche per tempi relativamente recenti, che si stanno allontanando in modo inesorabile da noi con la fine degli ultimi Testimoni viventi. Sono allora sempre di più le cose, gli oggetti e i luoghi della vita quotidiana a ricucire il filo lesionato della memoria di tanti uomini e donne che si opposero al fascismo e alla dittatura. Quella difficile scelta esistenziale ha lasciato tracce indelebili proprio nei luoghi domestici, custodi di memorie ancora presenti tutto intorno a noi. È un racconto – a tratti sussultorio – di memoria, visioni, tracce quello che si snoda tra le pagine di Memoranda, guidato dalla linea tesa di un pathos che promana quasi inaspettato da quelle schegge del tempo. Cosicché oggetti, edifici, luoghi quotidiani – ma anche le figure virtuali di cose / non cose proprie dei filmati o delle fotografie – entrano nel nostro sguardo divenendo elementi attivi di una narrazione che ci coinvolge in prima persona. Frammenti di un mondo lontano, eppure emotivamente ancora vigile, l’antifascismo e la Resistenza in azione, che ci aiutano a riscoprire quel tempo fattosi pericolosamente remoto (tanto piú per le giovani generazioni), e quei valori tuttora fondativi di fronte alle pesanti incognite che gravano sul futuro”.

Antonella Tarpino è storica e saggista, ha pubblicato Sentimenti del passato. La dimensione esistenziale del lavoro storico (La Nuova Italia 1997) e ha curato il volume Il libro della memoria. Dimore, stanze, oggetti. Dove abitano i ricordi (il Saggiatore 2022). Per Einaudi, tra i suoi libri più recenti: Geografie della memoria. Case, rovine, oggetti quotidiani (2008), Spaesati. Luoghi dell’Italia in abbandono tra memoria e futuro (2012), vincitore del Premio Bagutta 2013, Il paesaggio fragile. L’Italia vista dai margini (2016), vincitore del premio internazionale The Bridge Book Award 2017, Memoria imperfetta. La comunità Olivetti e il mondo nuovo (2020) e Memoranda. Gli antifascisti raccontati dal loro quotidiano (2023).

PER INFORMAZIONI: polocittattiva_formazione@icsandamiano.edu.it


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Apostolato digitale, nuove strade per annunciare il Vangelo




L’intelligenza artificiale può entrare nella vita di una parrocchia? Si possono condividere “codici di salvezza”? Attraverso l’esperienza dell’apostolato digitale dell’Arcidiocesi di Torino ragioniamo su un tema che è interroga tutti, Chiesa compresa. Ospiti della puntata sono don Luca Peyron e Ivan Andreis del Servizio per l’Apostolato Digitale dell’Arcidiocesi di Torino.

I comunicatori ecclesiali e l’intelligenza artificiale: sfide e opportunità

Riparte il percorso proposto dall’Ufficio diocesano a chi opera in parrocchie, comunità e associazioni: tre incontri (4 maggio, aperto anche ai giornalisti con crediti formativi; 18 maggio; 1 giugno). 

Iscrizioni entro l’1 maggio



Nell’era dell’intelligenza artificiale tutto il mondo della comunicazione e dell’informazione si trova di fronte a nuove sfide e a opportunità senza precedenti. I motori di intelligenza artificiale consentono infatti la generazione di testi, immagini e video in modo così rapido e accessibile da destare qualche preoccupazione e far sorgere dilemmi. Come è possibile navigare questo terreno, sfruttando al meglio le risorse offerte dalla tecnologia, senza compromettere l’autenticità e la profondità del messaggio della Chiesa? C’è il rischio che la comunicazione diventi anch’essa artificiale, frutto unicamente di algoritmi, e perda la sua aderenza con la realtà? È possibile usare questi strumenti in modo intelligente ponendoli a servizio della verità?

Le parole del Papa

Questi e altri interrogativi saranno il fulcro del percorso di formazione proposto dall’Ufficio diocesano Comunicazioni sociali a tutti coloro che si occupano di comunicazione in ambito ecclesiale, dalle parrocchie alle comunità, alle associazioni. Papa Francesco, nel suo messaggio per la 58ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali (leggi qui), ha indicato l’importanza di affrontare in modo responsabile l’impatto dell’intelligenza artificiale sulla comunicazione: «Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore, senza il quale non si cresce nella sapienza».

Il percorso formativo, che riprende il cammino «La parrocchia comunica» dopo 6 anni dall’ultimo evento, sarà aperto da un convegno il 4 maggio, che affronterà le sfide etiche e deontologiche dell’AI per giornalisti e comunicatori, offrendo una panoramica teorica e metodologica sull’argomento.

Il primo incontro

Dopo i saluti di Stefano Femminis, responsabile dell’Ufficio Comunicazioni sociali, e di don Simone Bruno, direttore editoriale di San Paolo Edizioni (media partner dell’evento), la prolusione di monsignor Lucio Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, e un intervento video di padre Paolo Benanti, presidente della Commissione governativa sull’intelligenza artificiale per l’informazione, introdurranno la tavola rotonda tra Antonella Marchetti (direttore del Dipartimento di Psicologia dell’Università cattolica), don Luca Peyron (responsabile dell’Apostolato Digitale della diocesi di Torino e membro dello Humane Technology Lab) e Pietro Saccò (giornalista di Avvenire). La mattinata sarà coordinata da Martina Pennisi, giornalista del Corriere della Sera. Questo incontro sarà aperto anche ai giornalisti, previa iscrizione su formazionegiornalisti.it, e riconoscerà crediti formativi per gli iscritti all’Ordine.

Gli altri appuntamenti

Successivamente, il 18 maggio e il 1° giugno, il percorso proseguirà concentrandosi sui risvolti pratici, fornendo agli operatori pastorali gli strumenti necessari per navigare il mondo della comunicazione digitale in modo efficace e responsabile. Dalla gestione dei social media alla creazione di contenuti multimediali, questi incontri offriranno un’opportunità preziosa per acquisire padronanza con i nuovi strumenti di comunicazione e sfruttare le potenzialità dell’AI.

Gli incontri si terranno al sabato mattino dalle 9.45 alle 12.45 presso la sede dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (largo Gemelli 1, Milano). Per il programma dettagliato e le iscrizioni, da effettuarsi entro il 1° maggio: www.centropastoraleambrosiano.it

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Meravigliarsi ai tempi dell’IA. Emozioni e tecnologia

 


Un incontro realizzato da Fondazione Corriere della Sera, Università Cattolica del Sacro Cuore e Arcidiocesi di Milano, in occasione della prima edizione di Soul – Festival di Spiritualità Milano.


La meraviglia è il motore della filosofia e della conoscenza, ma anche della relazione emotiva ed empatica che intrecciamo con il mondo. Come si può educare allo stupore in un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale? L’incontro intende presentare il panorama attuale dell’IA mettendo in luce come la capacità tecnologica di replicare e superare le funzioni cognitive umane abbia catturato la nostra immaginazione, suscitando interesse scientifico, ammirazione e diffidenza. Ma qual è l’impatto sociale, etico ed estetico di questa fusione tra intelligenza artificiale e meraviglia?
Intervengono Giuseppe Riva, professore di Psicologia della Comunicazione, Università Cattolica del Sacro Cuore; Luca Peyron, sacerdote ed esperto di nuove tecnologie. Coordina Massimo Sideri, editorialista Corriere della Sera.